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yatta 03-25-2008 05:29 PM

Hai un blog? Devi aprire la Partita Iva o rischi grosso
 
Hai un blog? Devi aprire la Partita Iva o rischi grosso

di Stefano Corradino

Attendiamo di essere smentiti ma se la notizia ha fondamento si mette davvero male per quelle centinaia di migliaia di utenti italiani della rete che hanno aperto un blog o hanno intenzione di farlo. Perché stando ad un richiamo di una precedente risoluzione dell’Agenzia delle entrate tutti i siti internet dovranno prevedere, nella loro home page, l’indicazione della Partita Iva. Qualora ciò non accadesse, trattandosi di fatto di una violazione di una norma, si incorrerebbe in una pesante sanzione. O magari nell’oscuramento. Addio libertà di informazione sul web.

Entriamo nel dettaglio. L’articolo 2, comma 1 del D.P.R. 5 ottobre 2001, n. 404 “Regolamento recante disposizioni in materia di utilizzo del servizio di collegamento telematico con l'Agenzia delle entrate per la presentazione di documenti, atti e istanze previsti dalle disposizioni che disciplinano i singoli tributi nonché per ottenere certificazioni ed altri servizi connessi ad adempimenti fiscali” prevede l’indicazione del numero della partita I.V.A. nella home-page e in ogni altro documento (ove richiesto) a carico dei soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione.
L'Agenzia delle entrate - con la risoluzione n. 60/E del 16 maggio 2006 – ha affermato che l'indicazione del numero di partita I.V.A. nel sito web ha portata generale e rileva per tutti i soggetti passivi I.V.A., a prescindere dalle concrete modalità di esercizio dell'attività. Conseguentemente, se un soggetto I.V.A. utilizza un sito web per divulgare informazioni relative all'attività esercitata anche solo a scopo pubblicitario, deve indicare nel proprio spazio web il numero di partita I.V.A..
Queste previsioni ci sembrano sinceramente troppo onerose per la gestione delle attività online e per lo sviluppo del commercio elettronico, soprattutto laddove si consideri che il sito web, in caso di commercio elettronico, può assolvere a due distinte funzioni: come mezzo per effettuare cessione di beni materiali tramite il quale le parti concludono il contratto ed eseguono il pagamento (salva poi la necessità di spedire il bene utilizzando le vie ordinarie, alla stregua del sistema delle "vendite per corrispondenza" - c.d. commercio elettronico indiretto o offline), oppure il sito può essere utilizzato direttamente come strumento per la cessione elettronica di beni virtuali e la transazione avviene mediante download telematico del prodotto, acquistato sotto forma di file digitale (come la fornitura di siti web, di programmi e immagini, nonché qualunque genere di informazioni e servizi – c.d. commercio elettronico diretto o online).
Questa norma sembra sposarsi bene con il ddl all’editoria sulla registrazione dei siti Internet che nell’ottobre scorso aveva provocato un’aspra discussione scatenando le ire dei bloggers più noti, tra cui Beppe Grillo.

In parole povere, se questa direttiva dovesse essere adottata rigidamente chiunque volesse realizzare un sito o un blog dovrebbe prima aprirsi una Partita Iva e accollarsi i costi dell’avvio dell’attività e della gestione annuale (per niente a buon mercato). E anche una semplice operazione di scaricamento dei file finirebbe magari per essere soggetta a transazioni ed emissioni di fatture.
E’ così che succederà? Sarebbe quantomeno opportuno un chiarimento dell’applicazione della normativa che preveda l’esenzione dall’obbligo di indicare sul sito web la partita I.V.A. nei casi di commercio elettronico di beni virtuali la cui transazione avvenga tramite download telematico del prodotto.

Perché altrimenti tra i tanti tristi e imbarazzanti primati che il nostro Paese può vantare, dal conflitto di interessi alle leggi ad personam rischieremmo di diventare anche l’unico Paese nel quale perfino la rete, l’unico strumento di comunicazione che assicura la massima libertà di espressione delle idee, sarà un bene per pochi eletti, sopraffatto inesorabilmente dalla burocrazia e dalla logica del profitto.

Fonte

yatta 03-25-2008 05:31 PM

Internet e banda larga sono nuovi diritti di cittadinanza

di Vincenzo Vita

E’ di questi giorni l’ennesimo allarme in difesa della libertà della rete. Si tratta delle sanzioni irrogate per la norma che prevede l’indicazione della partita IVA nelle home page. Certo, se tale norma fosse applicata in maniera estensiva e non soltanto per quei siti riferiti specificamente ad attività commerciali o professionali, sarebbe davvero preoccupante. Non è immaginabile, però, che ciò possa accadere. Non dovrebbe esserci nemmeno nella risoluzione n. 60 del 2006 dell’Agenzia delle entrate tale intenzione. Né avrebbe alcun senso obbligare chi voglia aprire un sito o un blog a richiedere preventivamente l’attribuzione del numero di partita IVA.

Gli oneri e gli adempimenti necessari rappresenterebbero, di fatto, una lesione al diritto costituzionalmente garantito alla libertà di espressione.

La diffusione di Internet degli ultimi anni rappresenta una straordinaria opportunità: dalla possibilità di ottenere servizi, più rapidi ed efficienti, dalla pubblica amministrazione evitando spostamenti e code, al commercio elettronico, alle nuove occasioni di informazione, alle significative possibilità dei blog.

Certo, per quanto attiene all’informazione, non sempre ci sono le necessarie garanzie sull’attendibilità delle notizie. Ma il fatto che alcuni grandi quotidiani stiano seriamente considerando l’eventualità di concludere l’esperienza cartacea e trasferire la loro attività esclusivamente sulla rete conferma la grande forza, l’estensione e l’importanza di Internet.

La rete ha l’agilità di un altro media spesso ingiustamente sottovalutato: la radio. Come la radio, non ha bisogno di grandi strutture per realizzare servizi. Per “riversare” informazione (anche in presa diretta) su Internet può bastare un telefono cellulare. E, come dalla radio ci giunsero – e ci giungono - notizie di ciò che accadeva in luoghi che la televisione non poteva raggiungere, oggi sulla rete possiamo leggere (o ascoltare) resoconti e, in più, vedere immagini o filmati che i media tradizionali non potrebbero assicurarci.

La rete, pur tra prevedibili resistenze e ritardi, sta profondamente incidendo anche sugli apparati, sullo Stato, sulle organizzazioni sovranazionali. E pone una domanda di reale cambiamento degli istituti di governo, in senso antiautoritario e intrinsecamente democratico, diffuso. Rende indispensabile una netta discontinuità.

Sta cambiando le nostre abitudini e le nostre vite. E modifica profondamente il rapporto con il tempo.

L’immediatezza della rete è intrinsecamente portatrice di una profonda rottura.

E sono, in questo senso evidenti le difficoltà delle amministrazioni di comprendere con la necessaria tempestività l’evoluzione e la natura stessa di Internet. Il processo di innovazione e semplificazione, pur avviato, è rimasto frammentario e incompiuto. Occorre riprenderlo con decisione.

C’è bisogno di un grande impegno per realizzare quella che viene definita la Società dell’informazione e della conoscenza.

E occorre prestare grande attenzione alle nuove esclusioni, alle nuove divisioni tra chi sa e chi non sa, tra chi può accedere e chi resta escluso.

Internet può essere l’occasione di un gigantesco cambiamento, purché sia accessibile da tutti. Purché nessuno venga lasciato fuori dai cancelli del sapere.

Internet e banda larga sono nuovi diritti di cittadinanza, espressioni di libertà. Per tutti. Come ci ha insegnato Derrick de Kerckhove la democrazia è anche, deve essere anche, “connettiva”.

Fonte

corso 03-25-2008 07:02 PM

se mettono una legge simile sono autolesionisti. :eek: :cool: :cool: :cool:

ABNormal 03-25-2008 07:32 PM

no, sono i fascisti del ca##o quali sono, a prescindere dal colore.
tra l'altro la normativa parte da un assunto di per sè falso:
Quote:
Conseguentemente, se un soggetto I.V.A. utilizza un sito web per divulgare informazioni relative all'attività esercitata anche solo a scopo pubblicitario, deve indicare nel proprio spazio web il numero di partita I.V.A.

la descrizione, più che ad un'attività commerciale (ad un negozio per capirci) si avvicina ad uno spot televisivo. a questo punto una domanda: avete mai visto la partita IVA della BAYER nelle pubblicità dell'aspirina?
e parliamo cmq di siti dedicati ad una pubblicizzazione di prodotti, beni e servizi.
ma un blog, o un sito dedicato alle barzellette..... può esser definito affine ad una piazza dove riunirsi e non conosco piazze con partita iva.
la realtà è invece quella "a pensar male": quasta è gente di me##a, quelli di destra che hanno fatto la legge del 2001 e quelli di sinistra che ci sguazzano (giacchè, incapaci di scrivere zozzate simili, possono al massimo adoperare quanto scritto dai zozzosi di prima).

prima o poi li spazzeremo via, potevano andarsene con le buone, potevano adeguarsi ed invece preferiscono vedere in 1a fila come va a finire. bene.

corso 03-26-2008 11:57 AM

la legge e` anticostituzionale e non imponibile. puo` essere aggirata facilmente. inoltre rischiano le 5 giornate di milano se si azzardano. quindi dubito la metteranno in atto.


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