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Old 08-04-2007, 03:38 PM
petrescu petrescu is offline
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UE bacchetta: l'acqua in Italia costa troppo poco


L'agenzia europea dell'ambiente mostra come i costi della risorsa per le utenze domestiche italiane sono troppo al di sotto della media dell'Europa occidentale (52 euro l'anno per una famiglia di Roma, 287 euro a Bruxelles). Il caso Aqp e la richiesta reiterata al Cipe di aumentare la tariffazione per far fronte all'ammodernamento delle condutture
ROMA – Sarà anche l’oro blu di questo millennio, ma in Italia non trova un costo adeguato al suo valore: secondo un report dell’agenzia europea dell’ambiente (European Environmental Agency), i costi dell’acqua per le utenze domestiche nell’Europa occidentale variano dai 52 euro l'anno per una famiglia di Roma ai 287 euro l’anno per una famiglia di Bruxelles. Una media tariffaria che colloca l'Italia più vicino ai paesi dell’Europa dell’Est: a Bucarest una famiglia paga 20,5 euro l’anno, una di Praga 59 appena.
Se le aziende e i consorzi di gestione idrici chiedono da tempo un adeguamento delle tariffe per compensare gli investimenti sulla rete, anche l’Europa avverte: un uso sostenibile della risorsa acqua si può fare attraverso un meccanismo di tariffazione, ma questo è utile solo se l'utente, che paga la bolletta o la tariffa, reagisce riducendo il consumo. Questo ovviamente non succede se le bollette non corrispondono al vero costo dell’acqua. La mossa del Cipe di lasciare invariate le tariffe dell’acqua a una soglia immutata da 5 anni ha gettato nello sconforto le aziende idriche.
La Banca mondiale ritiene che sino al 5% del reddito disponibile delle famiglie sia accettabile per l'approvvigionamento dell’acqua, questa cifra va comparata con un costo che in Europa è pari a circa l’1% del reddito famigliare, percentuale che in Italia scende intorno allo 0,25.
Cap gestione, che gestisce l’approvvigionamento idrico di 165 Comuni della provincia milanese, fornendo l’acqua a 1,7 milioni di utenti, sottolinea che gli investimenti per la manutenzione della rete idrica sono pari a 30 milioni di euro l'anno, un terzo del suo fatturato: «A fronte di una tariffa base per l’acqua potabile di 0,30 centesimi di euro ogni 1.000 litri per 244 euro di investimenti a metro cubo di acqua fatturata», sottolinea il suo presidente Massimo Gatti.
Considerando che il consumo giornaliero della sua utenza è di 444 litri giornalieri pro-capite, si arriva a un consumo di 162.000 litri l’anno, che vengono pagati meno di 49 euro. Più alta, si fa per dire, la tariffa media del ciclo integrato, che arriva a 0,73 euro, per una tariffa di depurazione e fognatura che è dello 0,43. «Siamo sempre al di sotto di un euro. Per carità sono spese per le famiglie, ma qui siamo anche al di sotto del recupero dell’inflazione. Se almeno – prosegue Gatti - potessimo avere le tariffe che applica Brescia...». Ma a Brescia e per altri gestori in generale la situazione non è migliore.
Secondo il rapporto Mediobanca del 2007 che compara i prezzi dell’acqua, l’anno di riferimento è il 2005, la tariffa base dell’acqua potabile della Asm bresciana è di 0,50 euro (quella per fognature è dello 0,49 per una teriffa media dello 0,87). Quella base applicata da Acea (per una utenza di 2,8 milioni di abitanti) è di 0,43 centesimi (ogni 1000 metri cibi d’acqua), per una tariffa media di 0,83 (quella fognaria è dello 0,44) e investimenti corrispondemti di 169 euro. Quella dell’Acquedotto Pugliese arriva a 0,59 euro (gli investimenti sono di 117), di qui la richiesta reiterata al Cipe di aumentare la tariffazione per far fronte all’ammodernamento delle sue condutture che servono 4 milioni di abitanti: a fronte di una rete che perde almeno il 25% del suo prezioso carico a causa di guasti e perdite, la spesa è pari al 22% delle immobilizzazioni lorde della società.
Quella che applica tariffe più «alte» è la bolognese Hera, per investimenti di 333 euro a metro cubo la tariffa base è di 0,78 centesimi, su 914.000 abitanti serviti; quella media del ciclo idrico è sopra l’euro (1,25). Addirittura 0,08 centesimi ogni 1.000 litri è quanto si fa pagare la MM di Milano (per investimenti ogni mille metri cubi che arrivano al 63% delle sue immobilizzazioni, e al 19 % del suo fatturato). La spesa è 63 euro ogni 1.000 metri cubi, (su una utenza di 1,3 milioni di abitanti che consumano 440 litri pro capite), mentre la tariffa media del ciclo idrico ****, di poco, a 0,46 centesimi. La Arin di Napoli ha investimenti per 103 euro, il 16% del fatturato,(sempre per 1.000 metri cubi di acqua) e la tariffa base è di 0,56 centesimi (aditittura più bassa la tariffa per le fognature e la depurazione, pari a 0, 36 centesimi). Smat di Torino e Vesta di Venezia (con investimenti rispettivamente per 276 e 137 euro, pari al 29% e al 14% del fatturato) applicano una tariffa di 0,39 euro e 0,31 euro. Considerando questi nove gestori, che in Italia servono una popolazione di 14 milioni di persone, la tariffa media è di 0,43 centesimi ogni 1.000 metri cubi a fronte di 175 euro di investimenti. Di qui la richiesta, inevasa, della Federutility (che raggruppa 550 imprese) di un aumento di almeno il 27% delle tariffe. Lo aveva chiesto nel suo Blue Book, ma almeno per questo anno, come nei cinque passati, il Cipe non l’ha accontentata.

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