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La Cina V Berlusconi


- Una lunga pausa di riflessione, forse in attesa di qualche precisazione, poi la secca protesta: quelle di Silvio Berlusconi sono "affermazioni senza alcuna base" e danneggiano le relazioni tra i Paesi. Il governo comunista di Pechino ha atteso ben 48 ore prima di reagire alle parole pronunciate dal premier domenica scorsa in un comizio elettorale a Napoli: "Leggetevi il Libro nero del comunismo e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi".

"Siamo scontenti di queste affermazioni che sono completamente prive di fondamento", ha fatto sapere oggi il ministero degli Esteri cinese. Una protesta decisa nei toni che Pechino però ha preferito smorzare nella forma evitando di convocare l'ambasciatore italiano in Cina, come di solito avviene in casi come questo. Il Governo cinese ha preferito infatti far diffondere la nota attraverso l'agenzia di stampa internazionale 'Reuters' piuttosto che attraverso i canali diplomatici. Una cautela che non tocca però i contenuti: "Le parole e i comportamenti dei leader italiani - recita la nota cinese - dovrebbero favorire la stabilità e lo sviluppo di relazioni amichevoli tra l'Italia e la Cina". Ma Berlusconi non torna indietro, "nessuna retromarcia", spiega ai cronisti. "Ma è storia, mica li ho bolliti io i ragazzini! - specifica anzi il premier - se poi viviamo in un paese dove non si può nemmeno esprimere una certezza, un fatto che è storico...".

Con una frase, dunque, il premier scavalca il tentativo della Farnesina di calmare le acque con il gigante asiatico. "La frase in questione - aveva precisto una nota del ministero degli Esteri concordata con palazzo Chigi - si riferisce a episodi che avrebbero avuto luogo in passato, mentre è evidente l'inesistenza di intenti polemici nei confronti della Repubblica popolare cinese". La Farnesina inoltre ricorda che Berlusconi "si è limitato a citare una frase contenuta nell'edizione italiana del 'Libro nero del comunismo' di Stephane Courtois" e precisa anche il numero della pagina nella quale sarebbe contenuta l'affermazione che ha fatto arrabbiare il governo di Pechino.

La frizione tra Roma e Pechino cade nel pieno dell'Anno dell'Italia in Cina: si tratta di una serie di importanti manifestazioni per promuovere il sistema-Italia in Cina per le quali sono stati investiti 45 milioni di euro. La decisione di fare del 2006 un anno "speciale" nelle relazioni tra i due Paesi era stata presa alla fine del 2004 nel corso di una visita del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e del ministro degli Esteri Gianfranco Fini.

E dal centrosinistra piovono le critiche. "Quale immagine viene data da un paese il cui primo ministro dice una cosa simile? - si chiede Romano Prodi - E' un'offesa fatta a un popolo di un miliardo 300 milioni di persone. E se anche la metà se la dimentica, 650 mila se la ricorderanno comunque. Siamo screditati all'estero e senza crescita all'interno".

Sulla stessa linea Massimo D'Alema: "Meno male che mancano ancora solo dieci giorni alla fine di questa campagna elettorale, o ci ritroveremmo in guerra con tutta l'umanità". Ed elenca i recenti "incidenti" dell'esecutivo sul piano internazionale: "Un ministro insulta il mondo islamico con un gesto di irresponsabile goliardia razzista; Giovanardi dichiara guerra all'Olanda e siamo costretti a chiedere scusa; Berlusconi se la prende con la Francia ma lì le scuse non le hanno chieste e ci hanno dato solo schiaffoni. Infine, oggi, la protesta del governo cinese". Per D'Alema occorre restituire al mondo "l'immagine di un paese dell'accoglienza. Solo questo centro destra poteva escogitare l'idea di un'Italia razzista".

Ma contro Pechino rincara la dose Roberto Calderoli: "Se Berlusconi ha sbagliato lo ha fatto per difetto, perché in passato nei regimi comunisti, in particolare quello cinese, in periodi di carestia i bambini sono stati addirittura mangiati. Le dichiarazioni di Berlusconi - ha aggiunto - possono anche essere raccapriccianti, ma questa è storia, purtroppo. Ritengo fuori luogo le rimostranze di Pechino: casomai, avrebbe dovuto farle il nostro di governo, perché le imprese cinesi stanno divorando la nostra economia con la loro concorrenza sleale".

E se per il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi "il premier ha solo citato fatti storici", il ministro dell'Economia Giulio Tremonti va oltre e dice: "I cinesi ci stanno mangiando vivi.

fonte: repubblica.it
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